Palazzo - Moroni - Groppelli
Palazzo Groppelli
Questa Villa faceva parte dei possedimenti dei Gambazzocca e più precisamente al ramo di Calcidio (sec. XVII).
Da Calcidio passò al figlio Giulio Cesare e quindi a Pompeo che testò nel 1724. Quando quest'ultimo morì senza figli, l'unica sua discendente stretta era la nipote Maria, figlia del fratello Benedetto. Ma non era abitudine per i Gambazzocca lasciare le loro proprietà alle donne. Pensò quindi di eleggerne eredi i lontani cugini Ottone e Venturino, figli del già citato Carlo, di quel ramo che, tramite Nicolino (figlio di Ottone), giunge a Ottone.
Quest'ultimo ebbe dalla prima moglie Aurelia Oldi, tra gli altri, la figlia Maria Caterina (+1817), che sposerà Antonio Marazzi portando a quel casato la prima delle ville di famiglia, come s'è scritto già in proposito. Dalla seconda moglie Adelaide Azzati ebbe Giovanni Battista (di cui non si sa nulla) ed Eugenia M. Carolina. A quest'ultima toccò la villa oggi Groppelli.
Nei registri catastali la villa sulla Comuna, risulta appartenere, nel 1815, proprio a Eugenia Gambazzocca che aveva sposato Giuseppe d?Araciel. Le mappe catastali disegnano in quell'anno un edificio a forma di L rovesciata (con l'angolo sulle vie Caprotti e "Comunale"), costituito da una casa di villeggiatura, una casa da massaro, con l'aggiunta di due orti.
Della nobildonna Eugenia resta oggi un monumento funebre all'interno della chiesa parrocchiale di Moscazzano fatto costruire dalla figlia nobile Amalia d'Araciel , maritata Sebastiano Freri, che attorno al 1850 risulta essere proprietaria della nostra villa e dei relativi fondi (che il catasto indica in 1003.87 pertiche), pur rimanendo ancora in vita il padre Giuseppe. Amalia morì a Monza nel 1854 e il 10.1.1855 venne registrato che l'eredità lasciata dalla nobile signora restava giacente e veniva amministrata dal marito Freri Sebastiano che si sposò di nuovo con Colombi Giuditta.
Il 26.8.1865 passò a lui definitivamente e il 27.4.1868 - dopo la sua morte - ai figli Sebastiano, Clementina, Maria e Teresa (mentre ne restava usufruttuaria in parte la madre Giuditta, scomparsa poco prima del 1882). A quel tempo la villa veniva registrata di tre piani e 24 vani.
Morta la madre, i fratelli Freri non tennero le proprietà di Moscazzano per lungo tempo, probabilmente avevano altri interessi. Sta di fatto che vendettero fondi e villa, il 30 novembre 1882, al conte Antonio Greppi, fu Marco.
Costui la godette per una quindicina d'anni. Il 31 agosto 1896 le proprietà di Moscazzano passarono infatti al figlio Marco per la sua sopravvenuta morte. Non conosciamo i progetti del nuovo proprietario, sta di fatto che nei registi catastali si nota un notevole movimento di vendite: la proprietà edilizia venne frazionata lungo gli anni e la villa fu venduta il 31.8.1920 a un certo Giovanni Maria Gipponi, di fu Andrea. A sua volta quest'ultimo frazionò la villa stessa, vendendone la parte giunta fino ad oggi a Giacomo Primo Moroni, fu Angelo, il 14 dicembre 1925. La casa di villeggiatura era ormai ridotta a 12 vani, ma era sempre un bel regalo di Natale.
Giacomo Moroni morì il 24.2.1936 e il 27.3.1937 la villa passò per successione a una miriade di parenti: due quarti ai fratelli Oreste e Andrea Moroni figli di fu Angelo; un altro quarto a Carlo, Angelo, Teresa e Rina Moroni figli di fu Secondo; l'ultimo quarto a Alberto, Secondo, Angelo, Maria, Bernardo e Angela Codecasa fu Paolo. La moglie di Giacomo, Brigida Sozzi rimaneva usufruttuaria.
Si va avanti a continui passaggi tra questa fila di consanguinei, con successioni varie (la Brigida muore nel 1951) fino al 20 febbraio 1953 quando la villa venne venduta da mezzo parentado Moroni ai fratelli Francesco-Gelindo e Luigi Groppelli di fu Francesco.
Gelindo morì il 30.8.1953 e per successione la villa passò per metà alle figlie Bianca, Mariangela e Gianfranca, l'altra metà restò a Luigi. Usufruttuaria per un sesto la vedova Agostina Fiorentini. Le tre sorelle Groppelli, domiciliate a Lodi, sono ancora oggi proprietarie della villa e del parco, felici di goderli come luogo di sereno rifugio.
Un tardo-neoclassico
Arrivando oggi da Crema lungo l'antica, bellissima strada campestre (asfaltata, ma sempre molto stretta e costellata di curve), si entra in Moscazzano da nord. S'incontrano una serie di nuovi insediamenti abitativi fino all'altezza della Roggia Comuna che delimitava un tempo i confini del borgo. Al di là troviamo subito la villa e il parco Groppelli. Prima il parco, protetto da un lungo muro di cinta, con il relativo ingresso, costituito da due pilastrini a bugnato e cancellata in ferro battuto, poi la fronte orientale della villa, collegata, alla lunga cortina in fregio alla via che oggi si chiama Caprotti.
Un tempo il tutto era unico edificio a L rovesciata con l'ala più lunga in fregio, appunto, alla via pubblica. Ai tempi di Marco Moroni venne parcellizzato in diverse proprietà (una parte è stata anche municipio) per cui la villa Groppelli di oggi è solamente l'ala più breve della L, disposta in posizione est-ovest, con la facciata a nord, verso il parco, alla quale resta collegato (dal punto di vista della proprietà) solo un piccolo brano dell'antica lunga cortina di edifici.
Di fatto il corpo dell'attuale villa è un parallelepipedo rettangolare posto nell'angolo sud-est di un vasto parco all'inglese, di pianta grosso modo quadrata, con un'ampia ansa all'angolo nord-ovest, delimitato a nord e a occidente dal corso della roggia Comuna e a oriente dal muro di cinta lungo la citata via Caprotti.
Ci chiediamo se l'edificio, di chiara impronta neoclassica ottocentesca, sia una nuova costruzione o un adattamento di quello preesistente di cui non sappiamo la configurazione.
La mappa del 1776, in possesso dei Marazzi, disegna il complesso con un corpo porticato più consistente lungo la via Caprotti e con quello ortogonale lungo e stretto in fregio alla via consorziale, l'antica strada Regina, confermata dal toponimo "Ragna" ancora oggi esistente che, affiancata dalla roggia Comuna, correva a nord della proprietà e sbucava proprio dirimpetto all'imbocco della strada per il santuario della Madonna dei Prati, formando un quadrivio con l'attuale via Caprotti. A nord della villa non esisteva un parco. La mappa catastale del 1842 conferma la situazione. Nel 1881 viene indicata una rettifica del fabbricato, mentre la mappa del 1901 rivela che la strada consorziale è stata chiusa, che il quadrivio accennato è scomparso e che a nord della villa esiste lo spazio del parco. é la situazione che insiste tuttora.
Non potendo ipotizzare lo spostamento della strada e tanto meno della roggia, i disegni inducono a ipotizzare uno spostamento dell'edificio più a sud, dopo la demolizione del preesistente, per far spazio al giardino. Un piccolo ambiente interno, agganciato alla fronte lungo via Caprotti (e ritenuto dai proprietari un'antica cappella) presenta volte a vela sicuramente anteriori al sec. XIX, assenti nella villa attuale. Il che confermerebbe l'ipotesi di un rifacimento del lato breve della L, che comunque sarebbe avvenuto dopo il 1842.
La villa, si diceva, è di chiaro impianto neoclassico collocata nei primi decenni dell'800 dal Perogalli. Lo confermano l'architettura che presenta nella facciata alcune analogie con la villa Vimercati Sanseverino di Vaiano del Cagnola del 1802(6), e le decorazioni pittoriche molto simili a quelle della Ca' delle Mosche e ad altre dei periodo neogotico-risorgimentale. La trasformazione potrebbe essere avvenuta per mano di Amalia Gambazzocca, dopo le nozze con Giuseppe d'Araciel.
Il corpo compatto della villa, con coperture a quattro falde spioventi, si rivela al visitatore oltre il cancello d'ingresso, con la facciata principale rivolta a nord. Gli alzati dell'edificio, con angoli a bugnato, sono divisi in due piani da un elegante marcapiano, quello terreno è caratterizzato, nei tre lati (escluso quello orientale lungo la via Caprotti), da un bugnato gentile (in spessore d'intonaco) leggermente aggettante nella facciata principale. Un breve segmento di edificio di servizio di uguale altezza, ma di diverso disegno, collega la facciata al muro di cinta sulla strada.
La facciata è disegnata con semplicità ed eleganza. Al piano terra è traforata da tre ampi ingressi arcuati, con maschere nelle chiavi d'arco (tra di essi due specchi quadrati che dovevano contenere un tempo iscrizioni o formelle a bassorilievo). Quello più a oriente era l'antico ingresso delle carrozze: dà infatti in un ampio vano con pavimento in cotto e soffitto a cassettoni, in fondo al quale se ne apre un altro identico che immette nel portico retrostante.
Il portale centrale è cieco, in quanto dietro di esso si trova il manufatto dello scalone. L'ingresso vero e proprio della villa si trova al portalino più occidentale. é evidente l'esclusione dal progetto di ogni riferimento alle regole classiche.
Molto più interessante il piano superiore della facciata, scandito in specchi da lesene ioniche che poggiano col basamento sul marcapiano e sorreggono la semplice cornice di gronda. Alle due estremità della facciata troviamo una coppia di lesene, mentre le altre quattro sono singole. Dividono la facciata in cinque specchi, in tre dei quali si apre una finestre inginocchiata (ciascuna sopra il rispettivo portale del piano terra) e negli altri due una nicchia per ciascuno che un tempo dovevano contenere o statue o anfore (come avviene nella villa del Cagnola di Vaiano).
Le altre facciate della villa sono modeste: senza interesse quella sulla strada (con tre finestre per piano), più complessa quella orientale (verso il parco) con il bugnato, tre aperture (di cui una porta centrale) sormontate da specchi quadrati al piano terra e tre finestre al superiore (ma senza lesene divisorie). La facciata retrostante presenta invece due finestre per piano: quelle del terreno sono arcuate e richiamano i portali della facciata. Nel retro s'aggancia alla casa un portico di due luci ad archi leggermente ribassati, sorretti da pilastro, con loggia al piano superiore: è questo l'unico brano di edificio rustico restato in proprietà ai Groppelli.
Come si diceva si entra in villa dal portalino occidentale e subito ci si trova nella sala principale. é un'aula pressappoco quadrata, ariosa ed elegante che ha un notevole soffitto dipinto secondo il gusto napoleonico-risorgimentale già trovato in altre ville cremasche. All'interno di una complessa struttura ad architettura e fastosi cartigli troviamo raffigurati quattro personaggi (uno per lato): un nobiluomo con cappello, un altro con parrucca, un condottiero, un magistrato (?). Non si tratta sicuramente di personaggi di famiglia (non sono quindi ritratti), ma di figure simboliche. Qui e là troviamo medaglioni monocromi con disegni allegorici (giochi di bimbi).
A sud della sala, un altro salotto, collegato con una porta arcuata e serramento originario. Ha un soffitto decorato con una cornice e scudi nei quali è scritto il nome di virtù teologali e cardinali. Di fianco al salotto troviamo l'attuale cucina, a sud del vano dello scalone. Quest'ultimo è molto elegante, si apre con due archi (quello di destra sulla scala, quello di sinistra nel sottoscala), sale con due rampe in beola e l'alto vano ha le pareti interamente decorate ad archi neo-gotici, in finto rilievo, sopra un paravento a rombi rosa. Il bel soffitto è disegnato invece a grandi rose bicrome (bianco-azzurro).
Arrivando sul ballatoio superiore troviamo ad oriente e a occidente due bei portalini arcuati e decorati. A ovest si passa nella zona notte: nella camera da letto, un soffitto con un delicata cornice a rombi, disegni floreali e rose (anche qui dominano i colori rosa e azzurro). A est si entra in quel piccolo ambiente che abbiamo indicato come "cappella", diviso da una quinta in legno in cui si aprono due finestrelle (è la sacrestia?). Il soffitto è a vele, ma non regolari, il che farebbe pensare al punto di distacco tra il vecchio e il nuovo edificio. Tornando al piano terra e procedendo oltre il vano dello scalone, entriamo nell'ampio ricovero delle carrozze, di cui già s'è detto.
Non resta da visitare che il giardino costruito certamente nell'Ottocento, all'inglese. Nella zona nord est, il classico monticello. Davanti alla villa, una bella fila di cinque antichi tassi. Più a est alcune grandi, vecchie e splendide magnolie. Belli anche gli scorci che la roggia Comuna crea nella ricca vegetazione.
Testo tratto da ("Villa Groppelli", Nuovo torrazzo, di Giorgio Zucchelli )
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