Comune di Moscazzano


Palazzo Marazzi

Palazzo Marazzi

Fu il casato dei Gambazzocca a fondare la villa oggi Marazzi di Moscazzano, una dimora di campagna, deputata al controllo di vasti fondi agricoli, situata lungo la via principale del borgo; molto bella al suo interno, ma nascosta da un paravento murario modesto secondo le abitudini di riservatezza dei nobili lombardi.
I Gambazzocca sono una famiglia antichissima, una delle poche presente in Crema ancor prima della sua distruzione da parte di Federico Barbarossa. Nel 1185, quando l'imperatore restituì la libertà ai cremaschi Ottone Gambazzocca fu tra i beneficiari dei privilegi e dei beni tolti ai conti di Camisano e nel 1187 Ambrogio Gambazzocca risulta uno dei consoli della città. Figlio di Ottone fu Gasparino e nel secolo XIV le fonti citano anche un Lodovico e il figlio Basano (vivente quest'ultimo nel 1372). La genealogia si divise subito con i figli di Nicola: dal primogenito Alberto discese un ramo che si estinse dopo circa sei generazioni. é comunque a firma di suo figlio Venturino il primo documento relativo all'acquisto di beni immobili in Moscazzano, avvenuto il 27 settembre 1349 é questa la prima data certa della presenza dei Gambazzocca nel borgo cremasco, ma molto probabilmente erano già in loco da tempo e non è azzardato ipotizzare che il casato, di stretta osservanza ghibellina, amico dei Conti di Camisano, ne fosse stato gratificato già ai tempi del Barbarossa. Venturino testò nel 1393 lasciando erede delle sue proprietà il nipote Antonello, figlio di Orietto, nipote, quest'ultimo di Gasparino. Percorrendone le tappe, ricordiamo anzitutto i tempi della signoria guelfa dei Benzoni (1400-1421) quando i Gambazzocca, in quanto ghibellini, furono spogliati di parte dei loro beni che vennero poi restituiti al citato Antonello, figlio di Orietto e nipote di Isacchino e all'omonimo cugino, figlio di Giovanni, nel 1423.
Dai due dei sette figli del citato Antonello vennero i due più importanti rami dei Gambazzocca, giunti fino al secolo XVIII, quando la famiglia si estinse definitivamente. Il primo è quello di Gasparino (sposato con Elena Barni, del noto casato lodigiano), il secondo quello di Calcidio, che impalmò Orsina Guarini.
Carlo (del ramo di Gasparino), valente avvocato come ricorda il Cogrossi, conseguì il titolo di marchese, conte e cavaliere da Leopoldo I d'Austria con diploma del 30 aprile 1700: in esso l'imperatore ricordava la "vetusta nobiltà" del casato, nonchè i "meriti militari di Nicola e Lodovico". E troviamo questo importante personaggio di famiglia, nono dei dodici figli di Nicola e Ginevra Benvenuti, come proprietario, nel 1650 circa, anche della nostra villa di Moscazzano, assieme ai fratelli Giovanni Battista e Leandro.
I Gambazzocca avevano concentrato tutti i loro possedimenti rurali nel territorio di Moscazzano, costituendo in quel paese una sorta di feudo. Come s'è detto, vi si erano insediati certamente già dalla prima metà del secolo XIV e nel 1650 i loro possedimenti risultano già divisi tra i discendenti dei due rami citati. A Moscazzano possedevano non solo ingenti fondi agricoli (nel 1850 conteranno 724,17 pertiche in Moscazzano nord e 1.743,45 in Moscazzano sud), ma anche la gran parte degli edifici del piccolo borgo, tanto è vero che si discusse persino sulla proprietà della strada che l'attraversava (l'odierna via Roma) in quanto passava proprio tra la casa padronale (oggi Marazzi) e il rispettivo cascinale dei nobili signori (posto nel sito degli attuali giardini pubblici e delle cascine Vanelli, Severgnini e Groppelli).
Possiamo rilevare la condizione delle proprietà e degli edifici in Moscazzano in due mappe, datate rispettivamente 1650 circa e 9.8.1776, possedute ancora oggi dalla famiglia Marazzi; e da una terza del 1779 conservata nell'archivio parrocchiale e disegnata da Giuseppe Basso detto Rizzi.
Nel 1650 l'intero gruppo di isolati a nord-est dell'attuale chiesa parrocchiale (a quei tempi ubicata nella zona dell'odierna casa parrocchiale), salvo quello della villa Albergoni con parco annesso (allora dei conti Vimercati Sanseverino), era di proprietà Gambazzocca. Erano già stati suddivisi - tuttavia - fra i diversi rami di famiglia: la villa e il parco oggi Marazzi erano intestati ai fratelli Giovanni Battista, marchese Carlo e Leandro Gambazzocca che possedevano anche il citato cascinale di fronte. L'isolato che faceva angolo tra le attuali via Roma e via Caprotti era intestato a Francesco (fece testamento nel 1631) e fratelli. Un terzo isolato, lungo via Caprotti (casa e masserizie) in fregio alla roggia Comuna e alla supposta via Regina, al padre di Francesco, Calcidio Gambazzocca. é la villa oggi di proprietà delle sorelle Groppelli.
I Gambazzocca avevano come tomba di famiglia il santuarietto della Madonna dei Prati. Anche se oggi non vi è traccia di iscrizioni funebri, il fatto risulta dagli archivi parrocchiali. Quando il santuario divenne pubblico, istituirono la cappella di famiglia al primo altare destro dell'attuale chiesa parrocchiale dove troviamo oggi il monumento a Eugenia Gambazzocca.
Seguendo le vicende della villa principale (quella che ci interessa in questo capitolo), notiamo che, assieme al palazzo di città in via Matteotti, passò, da Carlo, al figlio Ottone (provveditore di Crema nel 1692 e nel 1711, morto nell'aprile del 1738. Tra i figli di Carlo, registriamo anche un altro personaggio importante, Nicola (29.1.1655-14.3.1723), celebre frate Carmelitano scalzo che s'adoperò perchè venisse affidato al proprio ordine il santuario di Santa Maria della Croce di fianco al quale costruì poi il grande convento. Ebbe notevoli incarichi dal suo ordine come visitatore nell'intera Europa, fu poi priore a Crema e venne eletto provinciale nel 1715.
Palazzo di città e villa di Moscazzano toccarono, in seguito, a Nicolino (colonnello della Repubblica Veneta; governatore di Orzi Nuovi nel 1737 e morto il 25.3.1760), nono figlio di Ottone, e infine ai suoi due figli Ottone e Fortunato. Quest'ultimo "cospirò coi Giacobini a rovesciare in Crema il governo della Serenissima Repubblica" ed entrò a far parte del Comitato di Difesa Generale della Repubblica di Crema, nonchè del Corpo Legislativo della Repubblica Italiana nel 1802. Ottone, invece, si sposò due volte. Dalla seconda moglie Adelaide Azzati ebbe la figlia Eugenia Maria Carolina cui spetterà la villa oggi Groppelli; dalla prima moglie Aurelia Oldi ebbe cinque figlie (Isabella, Lucrezia, M. Caterina, Teresa Adelaide, Marianna Fortunata) e il figlio Nicola Giuseppe. Lucrezia, Teresa e Marianna si fecero monache nel celebrato convento di Santa Monica a Crema, mentre Maria Caterina (1817) sposò Antonio Marazzi (1822): morendo cinque anni prima del marito, portò a quel casato la piè prestigiosa delle ville di famiglia. Nicola, da parte sua morì senza figli (forse da ragazzo), estinguendo il casato.

L'antico casato dei Marazzi viene fatto risalire a un capostipite di nome Pasino che viveva a Crema nel XV secolo. Nelle antiche cronache cremasche non vi sono molte notizie della famiglia, nonostante fosse una dei più in vista della città. Si divise in due rami già con i figli di Pasino. Quello del secondogenito Comino si estinse all'inizio del XIX secolo. Prosegue invece fino ad oggi quello del terzogenito Bettino, il cui figlio Antonio (1493) fu uno dei provveditori per la costruzione della basilica di Santa Maria della Croce nel 1490.Molti altri Marazzi furono, in vari anni, provveditori di Crema.
Giovanni Paolo (19.1.1762), fu creato conte nel 1710 dal Duca di Parma, suo figlio Antonio (1822), sposando Caterina Gambazzocca il 30.1.1785, divenne proprietario della villa di Moscazzano. La quale passò poi al figlio Vincenzo (1796-1850) che sposò nel 1815 Vittoria Serbelloni (1798-1876). Il figlio Paolo (2.5.1816-1882) intraprese gli studi di legge e divenne un valente avvocato, scrittore ed anche sindaco di Moscazzano. Sposò, nel 1844, la figlia di Girolamo Vimercati Sanseverino, Laura (1826-1909)da cui ebbe tre figli, il primogenito Antonio (1845-1931) ottenne la residenza di Moscazzano. Scrittore ed antropologo, sindaco anch'egli di Moscazzano, era diplomatico e visse gran parte della sua vita all'estero (a Buenos Aires dove fu plenipotenziario del Regno d'Italia, a Tunisi, Marsiglia, Lugano e Bellinzona. Sposò in età avanzata Eugenia Bruzza (1864-1945) e, finita la sua carriera diplomatica, si ritirò in pensione a Moscazzano, restaurando la casa dei padri nel 1910.
La villa di Moscazzano passò per successione ai figli di Antonio, e il 10.9.1952 venne in toto nelle mani del primogenito Lodovico (1888-1970) che liquidò i fratelli. Anch'egli avvocato, aveva sposato Anna Ghislieri (1893-1987), marchesa di Villa della Torre nella Marche, ramo marchigiano della prestigiosa famiglia bolognese da cui vennero san Pio V e Pio VIII.
Lodovico viveva tra Torino e le Marche. A Moscazzano si occupava della villa, in nome suo, il fratello Ettore (1891-1974), non sposato, per lungi anni sindaco di Moscazzano, medaglia d'argento al valor militare nella prima guerra mondiale (si fece poi anche la seconda). Era ingegnere civile e il campanile della parrocchiale di Moscazzano è di suo disegno. Collaborò con l'arch. Amos Edallo nei restauri al duomo di Crema. Morì, come ricorda una lapide nella cappella di famiglia, scomparendo "tra le amate montagne della val Tournanche il 30.7.1974."
La villa di Moscazzano pervenne infine al figlio di Lodovico, Alessandro (n. 1926), attuale proprietario. Professore di Diritto Internazionale nelle università di Torino e di Urbino, ha sposato nel 1966 Cristina Moroder di Ancona, di una famiglia originaria di Ortisei.

L'impianto architettonico

Come già accennato possiamo seguire le vicende architettoniche della villa Gambazzocca-Marazzi su ben cinque carte. La prima del 1650 circa, la seconda del 1775, la terza del 1779 disegnate per questioni di proprietà e uso dei bocchelli d'irrigazione; e infine le due piante tracciate dalle tavole catastali, una del 1841, l'altra del 1901.
Nel 1650 la villa si presenta come un complesso disposto pressapoco a U con il lato principale (la vera e propria dimora nobile) in fregio alla strada e due ali rustiche, una più lunga a est e una molto più breve a ovest: al centro la corte. Centoventisei anni dopo, nel 1776, l'impianto risulta modificato: il corpo nobile è arricchito da un porticato, l'ala est si accorcia e "svolta" per un tratto verso destra, compare infine un lato di servizio a nord, a sua volta porticato. Un muro di cinta separa la corte d'onore a quella dei rustici, il cui complesso si trova a occidente della villa stessa.
La pianta del 1779 (di soli tre anni successiva alla precedente) disegna invece solo il corpo nobile della villa Gambazzocca lungo la strada, la cui facciata è caratterizzata da un ingresso centrale arcuato con torretta finestrata e notevolmente elevata sul resto della cortina muraria. Non è possibile giudicare quanto il disegno sia attendibile, visto che sembra di fantasia anche per altri edifici. Allo stato attuale comunque le pareti dell'androne non sono di spessore tale da supportare la presenza di una torre. Nel 1841 e nel 1901 la pianta della villa è a forma di U, con il lato occidentale chiuso solo dal muro di cinta che separa la corte e gli edifici rustici i quali, agganciati a quelli nobili formano un vasto impianto quadrato. Dal 1841 al 1901 risultano scomparse solo alcune dipendenze a est della villa stessa.
Comunque la casa Marazzi ha assunto sostanzialmente la struttura attuale fin dal 1776. Interventi di restauro sono avvenuti tra il 1790 e il 1810 ad opera di Antonio Marazzi e Caterina Gambazzocca che diedero all'antica casa un volto di stile impero, secondo i gusti del tempo. L'ultimo restauro è del 1910 ad opera dell'omonimo nipote conte Antonio, come recita un'epigrafe posta sotto il portico di fondo: IL conte Antonio Marazzi, ritiratosi dalla carriera consolare, dopo 43 anni passati all'estero, questa villa degli avi suoi, come luogo di riposo prescelto, nell'anno 1910 in gran parte ricostruiva.
I lavori interessarono l'abbattimento delle parti di servizio dell'ala nord e la costruzione del portico aperto sul giardino; l'abbattimento di un altro edificio rustico che si trovava nell'angolo nord-est e la trasformazione della casa in forma di L con la costruzione dello scalone all'interno dell'ala orientale; l'introduzione della torretta nell'angolo sud est della casa; la decorazione del portico e di altre parti della villa in stile neogotico. In quegli stessi anni (precisamente nel 1914) la famiglia costruiva anche la propria cappella al cimitero di Moscazzano, sempre in stile romantico.

La visita

La lunga facciata della villa Marazzi, in fregio alla via principale che attraversa il paese di Moscazzano, si presenta modesta, quasi usuale. Come s'è detto, le nobili famiglie lombarde non amavano fare sfoggio di potere e ricchezza all'esterno delle proprie dimore. Esse si presentavano con un carattere di riservatezza che nascondeva tuttavia interni prestigiosi, godibili, oltre che dai proprietari, solo dagli ospiti.
La lunga cortina muraria, dipinta a color mattone secondo i gusti romantici, si presenta scandita da due file di finestre incorniciate (nove al piano superiore e otto al piano terra). Al centro si apre un portale architravato, sovradimensionato rispetto alle aperture circostanti, con una pronunciata trabeazione. In alto una semplice cornice di gronda a sorreggere le coperture.
Da notare che nella parte centrale della facciata le finestre si raccolgono attorno al portale con distanze più ravvicinate delle altre, per cui la facciata risulta idealmente scandita in tre parti, di cui quella centrale potrebbe denunciare una propria autonomia compositiva. é il segnale della precedente torretta d'ingresso riportata dalla carta del 1779? Qualora lo fosse, dobbiamo ritenere che la facciata è stata ridisegnata in periodo neoclassico.
Sulla destra emerge dalle coperture, alla convergenza tra l'ala sud e quella est, l'attuale torretta neo-gotica, costruita nel 1910 da Antonio Marazzi. Presenta una cornice in cotto, sorretta da archetti ciechi, e due finestre archivoltate in cotto solo nelle pareti settentrionale e occidentale. La chiude una balaustrata in ferro battuto.
La bellezza interna della villa si rivela come una sorpresa subito dall'androne, che lascia intravedere, al di là del cancello in legno sul secondo ingresso ad arco schiacciato, il gioco dei chiaroscuri del portico nobile e di quello in fondo alla corte che nasconde e svela nello stesso tempo il verde rigoglioso del parco retrostante. L'androne ha la caratteristica decorazione neogotica (a rombi contenenti scudi) e un bel soffitto a cassettoni.
Oltrepassato il cancello, la corte della villa Marazzi si presenta in tutta la sua semplice bellezza. Si entra innanzitutto nell'austero portico nobile, aperto in sette luci con archi a tutto sesto, sorretti da colonne tuscaniche con accentuata rastremazione. Il pavimento è in cotto, il soffitto a cassettoni. Gli ultimi due archi a oriente sono chiusi da cortine in legno vetrato che separano anche la parte relativa di portico formando un ambiente protetto.
Osservando questa facciata interna del corpo sud, notiamo che la luce centrale del portico ha un intercolunnio di dimensioni maggiori, per cui il relativo arco, per poter mantenere la freccia (cioè il raggio verticale) della stessa misura degli altri sei, risulta schiacciato. Anche qui una peculiarità che, assommata a quella citata della facciata esterna, potrebbe far pensare che la parte centrale di questo edificio nobile abbia avuto in passato una sua autonomia.
Per il resto la facciata verso la corte è molto semplice, essendo costituita da una semplice fila di finestre e da una cornice di gronda lineare. Da notare che a occidente si aggiunge, in linea all'ala porticata, un altro breve brano di edificio che svolge la funzione di contenimento del portico, come l'intera ala orientale. Vi si agganciava, un tempo, l'altro breve segmento della U del 1650, poi demolita. La corte della villa Marazzi ha ancora il sapore antico, del resto non ha subito significativi ritocchi. Al centro una bella aiuola quadrata delimitata da una siepe di bosso: agli angoli sono collocati quattro grandi vasi fioriti in cotto su piedestalli (se ne trovano anche in altre parti della corte). Due siepi di bosso delimitano altrettante aiuole lungo l'antico muro di cinta occidentale, che separa la corte nobile da quella rustica, e lungo l'intera ala orientale.
Quest'ultima, qualificata nel 1910, ha caratteristiche più rustiche dell'ala centrale. Presenta solo due file di finestre, con una cornice di gronda che s'aggancia alla facciata del corpo porticato, creando continuità. E veniamo il portico di fondo a est è agganciato all'ala rustica con un brano di edificio coevo, a sostituzione di antiche barchesse.
Verso la corte il portico si apre con sette luci, archi a tutto sesto e colonne toscane rastremate. Non esiste tuttavia un piano superiore e una lineare cornice di gronda sostiene le coperture appena sopra gli archi. Evidente la funzione puramente estetica del manufatto. Il soffitto è a capriate. Verso il parco troviamo invece aperte solo tre luci, mentre le altre quattro (due per parte) sono cieche, decorate nel 1999 da Gian Antonio Fusarpoli con quattro grandi anfore di stile settecentesco. Il che dà un sapore antico al manufatto. Le tre luci che danno sul giardino sono chiuse da una bella cancellata in ferro battuto.

Testo tratto da ("Villa Marazzi", Nuovo torrazzo, di Giorgio Zucchelli )


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