Comune di Moscazzano


San Donato
(Vescovo e Martire)

L'oratorio di San Donato (chiesetta di San Donato)

L'oratorio di San Donato del podere agricolo Benvenuti è l'unico edificio sacro del Cremasco dedicato al vescovo di Arezzo, martire del IV secolo durante la persecuzione di Giuliano l'Apostata. Possiamo ipotizzare che il culto del santo toscano sia stato introdotto proprio dalla famiglia Bevenuti, proveniente da Firenze (e quindi con agganci in Toscana). Di fatto nella discendenza di famiglia troviamo alcuni personaggi che portano, come secondo nome, quello del santo vescovo aretino. La denominazione sarebbe un altro segno dell'antichità del complesso in oggetto.
Edificato nella seconda metà del secolo XV, l'oratorio di San Donato era andato via via in degrado. Nella vista pastorale dell'11 ottobre 1608, il vescovo Gian Giacomo Diedo notava che non esisteva nemmeno una pianeta per celebrarvi l'Eucarestia. Nella successiva del 1611 lo stesso vescovo, oltre all'acquisto di un'acquasantiera e all'apertura di una finestra che dia luce al coro, ordinava che "il soffitto di questo oratorio venga rivestito sotto le tegole con un decoroso tavolato, si faccia attenzione che le due crepe della facciata che si trovano dalla parte dell'epistola non si allarghino e si chiudano almeno con calce e mattoni." Lo stato della chiesetta continuava a lasciar desiderare e dobbiamo supporre che alla fine si decise la sua demolizione se nelle successive visite pastorali dei vescovo Badoer (anni 1638. 1647. 1658) e del vescovo Griffoni Sant'Angelo del 1704 non se ne fa cenno.
L'oratorio venne demolito dal condottiero Mario Benvenuti (1605-1688) per far posto ad una stalla, e fu ricostruito dal 17 giugno 1705 al 3 maggio 1708 dai figli, Curzio, Giovanni, Massimiliano, Camillo e Benvenuto, é Giovanni, in particolare, che tratta in prima persona con la Curia per i relativi permessi. Avuta autorizzazione dal vescovo Griffoni, pose la prima pietra della nuova chiesetta, la portò a termine, fornendola della necessaria suppellettile e anche di una dote (un fondo di 42 pertiche di terra situato a Offanengo). La benedizione del nuovo oratorio avvenne il 7 agosto 1708, per le mani del parroco di Moscazzano Pantalone Sanguanini che vi celebrò anche la Santa Messa, dopo che il vescovo ne aveva concesso la facoltà.
L'oratorio veniva officiato da un cappellano. Nel pavimento, davanti al gradino del presbiterio, una lapide datata 13 aprile 1771, posta con l'autorizzazione di Manfredo Benvenuti (di fu Manfredo), ricorda don Giovanni Chiesa, un sacerdote originario di Chieve che abitava a San Donato, celebrando la Messa in oratorio con il contributo messo insieme dagli abitanti di quel luogo.
In tempi moderni l'oratorio è tornato nelle condizioni di grave degrado della precedente chiesetta. é stato il parroco don Antonio Chiodo ad interessarsi al suo recupero (dietro autorizzazione del Pio Albergo Trivulzio). I restauri terminarono nel 1997 e l'inaugurazione avvenne il 10 agosto.
La chiesetta di S. Donato presenta ora una facciata a capanna semplicissima, con due lesene ai lati che sostengono un timpano triangolare. Al centro un portalino architravato sormontato da una finestra quadrata. La facciata è coperta da un intonaco giallo, mentre le pareti laterali sono in mattone a vista, divise da lesene. Nella parte posteriore è collegato l'edificio più basso della sacrestia.
L'interno è a una semplice navata, scandita da lesene in tre segmenti con vele nel soffitto: due per l'aula, uno per il presbiterio. L'altare addossato alla parete e quello più piccolo rivolto verso il popolo sono moderni e in marmo di Carrara.
Sulla parete di fondo si alza una bella ancona settecentesca all'interno della quale si trova una tela raffigurante la Madonna che porge il bimbo Gesù al bacio di San Donato, é opera attribuita a Giovanni Salvietti. L'ancona è l'unica decorazione antica rimasta, restaurata dal decoratore Antonio Cavalli di Soncino. Sulle pareti troviamo piccole tele: San Sebastiano, San Luigi, Santa Caterina della ruota, Martirio di Sant'Eurosio di autori ignoti.
Ma l'oratorio conteneva anche opere d'arte di pregio: una natività e una Adorazione dei Magi forse del Pombioli e, soprattutto, una grande tela, rimasta sconosciuta per secoli e riscoperta solo in seguito a un restauro nel 1991. Si tratta di un'opera di Gian Giacomo Barbelli, di soggetto inconsueto e firmata 1653. Il che dice come fosse stata dipinta prima della costruzione del nuovo oratorio (come del resto anche la gran parte delle altre tele) e facesse parte dell'arredo del precedente (o della casa-torre?). Le tre citate opere sono state trasportate in parrocchia per motivi di sicurezza.
Quella di San Donato è dunque una delle ultime tele eseguite dal Barbelli, scomparso nel 1656 per un incidente di caccia, all'età di 52 anni. Questo quadro rivela in modo eccellente la perizia, il controllo dei mezzi e la raffinatezza raggiunte dal pittore cremasco. L'impianto compositivo è estremamente studiato e reso con naturalezza.
La scena è ambientata in una sorta di bosco o foresta, che presenta rovine di templi sommersi dalla vegetazione; una donna tiene per mano un bambino che gioca con una girandola; un vecchio con la barba alza lo sguardo verso un cielo tumultuoso in cui appare la figura del Padre Eterno che sembra parlare con lui. Accanto al vecchio, una giovane donna in abito da viaggio, con turbante e bastone, la foggia maschile dell'abito rende questa figura simile ad un angelo. A destra troviamo, leggermente staccato da questo gruppo, un pastore preceduto da pecore, buoi, dromedari; la carovana di gente e armenti, sembra scendere in basso a destra, per poi risalire in lontananza verso il centro del quadro, nel quale risalta luminoso un villaggio, in netto contrasto con le tinte brune e ombrose dell'ambiente in primo piano.
Difficile indicare il soggetto della scena. Gian Antonio Fusar Poli, ha formulato l'ipotesi che si tratti de L'apparizione di Dio ad Abramo per mostrargli la terra promessa (Gen. 12,7). Possiamo quindi identificare Abramo nel vecchio con la barba, Sara, sua moglie, nella bella figura col turbante e Lot nel bambino tenuto per mano da una balia. A rafforzare l'ipotesi è una tela di Francesco Bassano (1530 ca.), che rappresenta la partenza di Abramo da Haran, e mostra evidenti analogie con quella di San Donato.
Da notare un ultimo particolare: la figura del pastore che s'allontana sulla destra della scena raffigura il Barbelli stesso che, come amava fare nelle proprie opere, si è ritratto in vesti bucoliche, rendendosi materialmente partecipe dell'evento.


Testo tratto da ("Villa San Donato", Nuovo torrazzo, di Giorgio Zucchelli )


Comune / Cultura / Storia / Ambiente e Territorio / Economia e Industria / In giro per ... / Associazioni / Accade / Home Page